La cottura nel testo è una modalità di cottura dei cibi forse unica in Italia, sicuramente autoctona della Lunigiana, simile a tecniche praticate nella parte
meridionale del bacino del Mediterraneo. Nel testo si cuoce tuttora artigianalmente il "testarolo",
un pane azzimo di spessore sottile e forma circolare, del diametro di circa 40-45 cm.
Gli ingredienti sono: farina di grano, acqua tiepida e sale miscelati in una pastella che viene continuamente amalgamata e ossigenata fino a che non raggiunge una
consistenza omogenea e vellutata. La cottura avviene appunto nei tradizionali testi di ghisa
(un tempo fatti in terracotta): sorta di piccoli forni portatili composti da due parti, quella inferiore chiamata sottano, dove vengono posti gli alimenti e quella
superiore, il soprano che fa da coperchio
Sia sottano che soprano sono posti su un fuoco di legna di faggio o di castagno e arroventati la parte interna. di entrambi è a contatto con la fiamma viva:
quando il sottano ha raggiunto la temperatura giusta
viene ritirato dal fuoco e vi si versa la pastella. Si lascia quindi cuocere scoperto per qualche istante poi
si chiude sovrapponendo il soprano formando cosi una
campana all'interno della quale avviene la cottura. Una volta pronto, il testarolo è tradizionelmente tagliato
a rombi e fatto rinvenire in acqua bollente: si butta nell'acqua bollente - ma a fuoco spento
- per pochi minuti.
La ricetta moderna prevede di condirlo con il pesto
di tipo ligure, ma la ricetta che si intende recuperare
prevede il condimento di un tempo, composto semplicemente da formaggio parmigiano o pecorino
amalgamato con basilico tritato finissimo e olio extravergine.
In questo modo nessuno dei quattro elementi
(testarolo, basilico, olio e formaggio) prevale sugli altri
e il sapore della pietanza si apprezza in tutta
la sua equlibrata fragranza.